Prima viene la natura, solo dopo arriva l’uomo. Con il suo ingegno, la creatività, lo studio. E la voglia di reinventarsi, sempre. È questa la lezione più importante che Norbert Niederkofler, Chef tre stelle Michelin e Stella verde per la Sostenibilità del ristorante St. Hubertus a San Cassiano in Badia, ha appreso nella sua lunga carriera. In assoluto, la più preziosa, tanto da renderla fondamento della sua filosofia di cucina, ma soprattutto del suo modo di essere e di agire.
Tre stelle Michelin e una stella Verde. Una carriera internazionale e poi, il ritorno a casa. La ricerca, l’innovazione e l’essenza primigenia della natura. Chef Niederkofler: ci racconta come è iniziato il suo percorso?
Gran parte del mio lavoro è stato fatto in Alto Adige. Gli anni all’estero mi sono serviti per avere le idee chiare e soprattutto una visione internazionale. I miei obiettivi sono sempre stati sfissati su un arco di tempo di 5 anni, perché dopo 2/3 anni rimetto in discussione tutto e mi pongo nuovi traguardi da raggiungere. Il rientro in Alto Adige inizialmente è stato casuale, ma ho intravisto subito il potenziale racchiuso nella natura che mi circondava. Siamo partiti utilizzando solo alcuni ingredienti, dopo avere raggiunto la seconda stella nel 2008 e aver finalizzato la mia filosofia “Cook the Mountain”, abbiamo cambiato rotta. Questa nuova strada è stata complicata inizialmente, è servito un grande confronto con i produttori locali e una precisa comprensione del flusso della natura. La più grande lezione che ho appreso in quel periodo, è che in questa “filiera”, lo chef è al terzo posto. Al primo posto c’è la natura con i suoi cicli e le materie prime offerte. Seguono i produttori, che coltivano seminano e raccolgono ciò che la natura offre in un determinato periodo. E infine c’è lo chef che si deve adattare.
Quando ha capito che la natura sarebbe stata la sua fonte primaria di ispirazione?
È accaduto dal 2008 in poi, con il concetto di “Cook the Mountain” e, soprattutto, in seguito alle informazioni condivise dagli scienziati e con la consapevolezza che a lungo termine i nostri sistemi non saranno in grado di nutrire 8/9 miliardi di persone. In quest’ottica ho capito che “Cook the Mountain” – la filosofia che declina la cucina di montagna secondo i principi di stagionalità e sostenibilità, ndr – sarebbe stata la strada giusta.
La montagna è un territorio straordinario, ma per molti versi inaccessibile. Come la riporta in cucina? E cosa ha insegnato la montagna allo chef Niederkofler?
Di base, io e il mio team non abbiamo inventato niente: abbiamo preso i principi e gli insegnamenti delle generazioni venute prima di noi, aggiungendo dei metodi che abbiamo conosciuto viaggiando per il mondo e adattandoli ai nostri prodotti di montagna. È così che siamo riusciti a “cucinare la montagna” e a portare i sapori delle nostre valli nel piatto, soddisfacendo i palati dei clienti che vengono da noi per le montagne, l’aria, l’acqua e il cibo.
Oggi la sua filosofia è un esempio per molti, ma ha incontrato delle barriere all’inizio per riuscire ad affermare una cucina come la sua, con zero sprechi, del territorio, stagionale ed etica? Come è riuscito a superarle?
Forse eravamo un po’ troppo avanti rispetto ai tempi e alla concezione del momento, quindi sì, abbiamo incontrato diversi ostacoli: i clienti non capivano cosa volessimo fare né quale meta volessimo raggiungere, mentre i produttori non comprendevano la complessità del progetto. Forse anche noi inizialmente non eravamo consapevoli fino in fondo della grandezza di tutto questo. Siamo fieri, ora, di aver dimostrato che si possono raggiungere dei traguardi, rispettando la natura e conservando le tradizioni e la cultura locale. Tutte le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare in passato, oggi sono relative.
Sostenibilità. Se ne parla moltissimo, in ogni ambito. Cosa significa, per lei, riportare la sostenibilità in cucina?
Innanzitutto, significa rispetto. Rispetto per la natura, per i produttori e per l’utilizzo al 100% delle risorse della natura. Oggi cerchiamo di usare e rispettare la materia prima così come la natura ce la presenta, trovando dei sistemi di lavorazione adeguati.
Quali sono i vantaggi di una filiera corta con i produttori? E in che modo questo influisce sul territorio?
La filiera corta offre il vantaggio di associare un viso a ogni prodotto: possiamo raccontare ai clienti chi sta dietro un ingrediente e la sua provenienza. La cosa più importante è che riceviamo il prodotto maturo nel momento in cui la natura ce lo offre. Inoltre, anche i trasporti sono più diretti e veloci.
Come possiamo, anche noi, nella vita di tutti i giorni, mettere in tavola una cucina etica e sostenibile?
Si deve iniziare dalla spesa. Oggi, il 30/50% dei prodotti acquistati, viene buttato via. Comprando prodotti locali, anche spendendo il 10-15% in più ma non buttando via niente, si riesce a risparmiare. Dobbiamo ripensare il nostro modo di vivere: se ognuno di noi fa dei piccoli passi, insieme possiamo fare tanto.
È cambiato qualcosa dal post pandemia?
La pandemia ha accelerato tante cose: dopo questi due anni, diverse persone hanno cambiato approccio. La “Life balance” è diventata la parola d’ordine, soprattutto per i giovani. In generale, penso che si debba vedere il bicchiere mezzo pieno: su tante cose sicuramente le nuove generazioni hanno ragione, ma come sempre è importante trovare un equilibrio. Servirà del tempo, ma sono molto fiducioso. Penso che quanto è successo possa insegnarci a impostare il futuro in modo diverso e migliore.
Rispetto per la natura, per i produttori e per l’utilizzo al 100% delle risorse della natura. Oggi cerchiamo di usare e rispettare la materia prima così come la natura ce la presenta.
Dopo una carriera all’estero, al fianco di chef visionari, è tornato in Val Badia. Cosa si è portato dal percorso internazionale?
Sono partito per curiosità quando avevo 17 anni e sono tornato con la stessa curiosità. Oggi abbiamo una qualità di vita altissima e con quello che abbiamo imparato possiamo utilizzare al massimo ciò che ci viene offerto. In questo modo siamo riusciti a invertire il sistema: oggi tanti giovani vengono da noi per saperne di più e imparare.
E se tornasse indietro, cosa direbbe a un giovane Norbert?
Sostenibilità e rispetto dell’ambiente. È a partire da questi valori che il percorso dello chef Norbert Niederkofler incontra quello di Alperia, che da 120 anni produce energia verde da fonti rinnovabili, principalmente nelle centrali idroelettriche in Alto Adige. Ne scaturisce una partnership atta a promuovere comportamenti responsabili da un punto di vista ambientale. In comune, tra lo chef e Alperia – realtà premiata come “Best Green Brand” nell’International Charge Energy Branding Award 2020 – c’è, infatti, molto di più delle origini altoatesine: impegnati attivamente nella salvaguardia e valorizzazione ambientale, condividono entrambi l’obiettivo di assicurare un mondo migliore a questa generazione e a quelle che verranno. E questo vuol dire sostenere comportamenti corretti in ogni momento della vita quotidiana, anche a tavola.
Biografia
Nato a Lutago, Norbert Niederkofler, cresce nel cuore delle Dolomiti, dove impara a conoscere la natura in relazione ai ritmi scanditi delle stagioni. Terminati gli studi, vola a Londra, Zurigo, Milano e Monaco, dove lavora per un anno al fianco del suo mentore Eckart Witzigmann. È lì che apprende l’amore per la natura e la perfezione culinaria. A seguire, si trasferisce a New York, dove David Bouley gli svela i segreti dell’innovazione. Qui, inizia a sviluppare il suo stile, ma dopo tanto viaggiare, Norbert torna a casa. È il 1994 quando inizia il suo percorso presso l’Hotel Rosa Alpina di San Cassiano in Badia trasformando quella che al tempo era una pizzeria in un ristorante raffinato, ispirato alla cucina italo-austriaca. Apre così il St. Hubertus presso Hotel Rosa Alpina e nel 2000 arriva la prima Stella Michelin, nel 2007 la seconda. Cresce in lui la consapevolezza che la cucina sia un progetto etico, fatto di legami umani e territoriali, tanto che nel 2015 fonda insieme a Paolo Ferretti Mo-Food, start-up con cui inizia a gestire diversi progetti, a partire da CARE’s – The ethical Chef Days, dedicato all’importanza dell’avere un atteggiamento etico dentro e fuori dai ristoranti. La sfida viene vinta e nel 2017 arriva la terza stella Michelin ottenuta, a suo dire, “con rape rosse e patate”. L’anno successivo apre AlpiNN – Food Space & Restaurant, la “casa di Cook the Mountain” dove, a 2.275 metri d’altezza, giovani cuochi in cucina trasmettono con un menu alla portata di tutti i sapori più autentici della cucina di montagna. I successi non si fermano: nel 2019, Norbert entra a far parte, con il ristorante St. Hubertus, della classifica “The World’s 50 best Restaurants 51- 120” al 54° posto. Nel 2022 entra nei “The World’s 50 best Restaurants” al 29esimo posto. Il suo agire etico, in cucina e oltre, lo porta nel 2020 a guadagnarsi la Stella Verde, il nuovo riconoscimento assegnato dalla Guida Michelin ai ristoranti promotori di una cucina sostenibile.