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un fiume tra rocce e alberi

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14.02.2025
- 4 min

2025, che anno sarà per la sostenibilità?

un fiume tra rocce e alberi

Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato e il 2025 rischia di non essere da meno. Senza dubbio, quello appena iniziato sarà un anno determinante per la lotta al cambiamento climatico. Con, al momento, più ombre che luci.

L’incertezza del secondo mandato di Donald Trump

Il primo interrogativo riguarda il secondo mandato di Donald Trump alla Casa Bianca. Con l’Inauguration Day del 20 gennaio, il 47° Presidente degli Stati Uniti ha ufficialmente avviato il suo mandato, e una delle possibili conseguenze potrebbe essere l’uscita degli USA dall’accordo di Parigi, il trattato ONU legalmente vincolante sui cambiamenti climatici. Trump, infatti, ha più volte messo in dubbio l’esistenza stessa del climate change, sottolineando di voler ridurre, fin dal primo giorno, l’impegno del Paese per la transizione green. Ma gli eventi climatici estremi, sempre più frequenti e rischiosi, tra cui l’uragano Milton che ha causato 60 miliardi di dollari di danni al Paese e i recenti incendi che hanno falcidiato la costa della California, rendono sempre più deboli le tesi negazioniste. «Il mondo sta assistendo a una catastrofe climatica in tempo reale» – ha denunciato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, nel suo messaggio di Capodanno, richiamando i Paesi affinché taglino drasticamente le emissioni e supportino la transizione verso un futuro rinnovabile. Un’urgenza di cui l’economia globale sembra essere sempre più consapevole, anche se le azioni intraprese restano deboli.

Le difficoltà nell’attuazione dei piani di azione climatica

Sono pochi, ad esempio, gli Stati che hanno presentato i loro piani di azione per il Clima, documenti che incarnano gli sforzi necessari per ridurre le emissioni nazionali e adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici. In Europa, in particolare, alla scadenza del 30 giugno solo Paesi Bassi, Svezia, Finlandia e Danimarca avevano inviato alla Commissione europea i Piani integrati per l’energia e il clima. Febbraio 2025 è il secondo momento utile per presentare i Piani ma sembra che i principali emettitori come Cina e India – che non hanno ancora presentato alcun documento – possano saltare anche questa scadenza.

La COP16 e la lotta per la biodiversità

Febbraio segnerà una tappa importante anche per la tutela biodiversità. Il palcoscenico sarà proprio a Roma, dove si riunirà la COP16. L’ultima, tenutasi a novembre 2024 a Cali, si è conclusa con un nulla di fatto. Tra gli obiettivi da raggiungere vi è quello di proteggere il 30% della biodiversità delle terre emerse e dei mari della Terra entro il 2030. Un tema che sarà affrontato anche a novembre, durante la COP30 che sarà ospitata in Brasile, un Paese in cui la deforestazione è un nervo scoperto. Secondo l’analisi del World Resources Insitute, il mondo perde qualcosa come 10 campi da calcio ogni minuto. Sarà fondamentale comprendere, quindi, se e come i Paesi riusciranno a trovare un accordo per la lotta all’aumento delle temperature globali. Questo significherà anche – e soprattutto – discutere di investimenti e giustizia climatica. La COP29 di novembre 2024, infatti, ha portato i Paesi ad accordarsi sul target di 300 miliardi l’anno che dovranno essere stanziati per aiutare i Paesi in via di sviluppo a imboccare la strada green. Fondi che, da molti degli Stati destinatari, sono stati definiti “inefficaci e tardivi”, e in ogni caso ben lontani dai 1.300 miliardi di dollari richiesti come soglia minima dagli Stati più vulnerabili per la lotta contro il climate change.

L’era delle cause legali legate al clima

Rimanendo nell’ambito della giustizia climatica, il 2025 potrebbe rafforzare le cause legali legate al clima. Una tendenza già emersa con forza nel 2024, con una serie di esiti rivoluzionari di alcune controversie ambientali che potrebbero influenzare altre sentenze. Si prevede infatti che il numero di casi possa continuare a crescere, anche in alcuni territori come la Cina.

La questione della plastica

Continuerà, inoltre, il dibattito sulla plastica: dal 1950, secondo l’ONU, sono state prodotte più di 8 miliardi di tonnellate di plastica a livello globale ed è stato riciclato meno del 10%. Si prevede che l’uso della plastica possa raddoppiare entro il 2050. Per questo, si spera che i Paesi possano trovare un accordo nel 2025 concordando se impegnarsi per ridurre la produzione di plastica o se concentrarsi sull’aumento del riciclaggio della plastica.

Non prendere decisioni efficaci e con un’applicazione certa in ognuno di questi ambiti, potrà avere impatti devastanti per il pianeta e per le generazioni presenti e future. Ondate di calore, inondazioni, gravi siccità – che secondo gli esperti continueranno a rafforzarsi anche nel 2025 – ricorderanno l’urgenza di agire. Perché una cosa è certa: non possiamo permetterci ulteriori ritardi.

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